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Conclusione procedimenti amministrativi – la prassi

L’Inps con circolare n. 132 dell’11 ottobre 2011 Gestione del contenzioso amministrativo e giudiziario individua le “Unità organizzative a presidio del contenzioso”, le “Procedure di gestione del contenzioso amministrativo” e l’utilizzo dello strumento dell’ “Autotutela”. Argomento già  anticipato dalla Circolare n.113 del 30 agosto 2011.

L’Inps con messaggio n. 13978 del 22 giugno 2009 Nuove disposizioni in materia di processo civile. Legge 18 giugno 2009 n° 69 indica: <

Il IV Capo del nuovo provvedimento, dedicato alla Giustizia, introduce, oltre ad alcune norme non di immediata applicazione – tre deleghe al Governo per la riforma, rispettivamente, del processo amministrativo (art. 44); per la semplificazione dei procedimenti civili di cognizione e la riduzione di quelli di competenza della giurisdizione ordinaria regolati da leggi speciali ai tre tipici riti contemplati dal codice di procedura civile (rito ordinario di cognizione, rito del lavoro ed il nuovo rito sommario di cognizione) (art. 54); per la disciplina della mediazione e della conciliazione stragiudiziale delle controversie civili e commerciali (art. 60) – innovazioni dell’ordinamento processuale di ampia portata, tra loro molto eterogenee, di cui alcune direttamente riguardanti il processo del lavoro e di precipuo interesse per l’attività dell’Istituto.

 In attesa di una più completa ed accurata disamina delle norme di legge, e di quelle delegate che interverranno a riordinare organicamente il sistema processuale civile, che formeranno oggetto di uno specifico corso formativo per tutti i legali dell’Istituto, si delineano le modificazioni più significative che involgono il rito del lavoro che governa le controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie nelle quali l’Istituto, assumendo di regola la veste di parte, è direttamente interessato.

1) L’art. 7 del codice di procedura civile è stato novellato ampliando la competenza per valore del Giudice di pace sia per le cause relative a beni mobili (fino a € 5.000,00), sia per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e dei natanti (fino a € 20.000,00). In queste ultime cause, da trattarsi secondo il rito ordinario anche in caso di lesioni personali (art. 53), ove l’evento invalidante sia imputabile alla responsabilità di terzi ed comporti l’erogazione di prestazioni previdenziali, l’Istituto ha facoltà di surrogarsi nei diritti del danneggiato-assicurato per conseguire nei confronti del responsabile civile e della compagnia di assicurazione il tantundem del trattamento corrisposto, come espressamente previsto dall’art. 1916 codice civile per quanto attiene i trattamenti di malattia, e dall’art. 14 della legge 12 giugno 1984, n. 222, per quanto attiene l’assegno di invalidità e la pensione di inabilità (art. 45, comma 1). Inoltre, al medesimo art. 7 è stato aggiunto, al comma 3, il numero 3-bis che integra la competenza del Giudice di pace, senza limite di valore, per le cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali. Con riguardo a dette controversie, il terzo comma dell’art. 442 cod. proc. civ. ha precisato che non si osservano le norme di procedura contenute negli articoli da 409 a 448, ovvero le norme del processo del lavoro (art. 46, comma 22).

Il complessivo aumento della competenza per valore della magistratura onoraria, rafforzato dalle restrizioni poste alle parti che vogliano eccepire l’incompetenza del giudice adito ed al giudice di rilevarla d’ufficio (art. 45, comma 2), ha l’evidente scopo di deflazionare il carico di lavoro dei Tribunali, con la migrazione di alcune centinaia di migliaia di cause al Giudice di pace, e la valorizzazione delle funzioni di quest’ultimi.

2) La disciplina in tema di litispendenza e di continenza di cause, da accertarsi nella forma dell’ordinanza più snella rispetto a quella della sentenza, codifica un principio da tempo affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. Un., 11 maggio 1992, n. 5597), precisando che nel rito del lavoro, e dunque anche nelle cause di previdenza e di assistenza, la prevenzione è determinata dal deposito del ricorso nella cancelleria del giudice adito(art. 45, comma 3).

3) L’individuazione del Giudice del lavoro territorialmente competente a conoscere le controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie nel Tribunale nella cui circoscrizione ha la residenza – nello Stato – l’attore non contemplava il caso di controversie intentate da assicurati e suoi aventi causa residenti all’estero, che pertanto venivano incardinate usualmente dinanzi al Tribunale nella cui circoscrizione ha la sede legale l’Ente convenuto, ossia il Giudice del lavoro di Roma, così ulteriormente congestionando il gravoso carico di lavoro di quell’Ufficio. A ciò si è posto rimedio stabilendo la competenza del “Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione l’attore aveva l’ultima residenza prima del trasferimento all’estero ovvero, quando la prestazione è chiesta dagli eredi, nella cui circoscrizione il defunto aveva la sua ultima residenza” (art. 46, comma 23).

4) Profondamente innovato risulta il regime delle spese legali nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali ed assistenziali. E’ stato, infatti, posto un limite all’importo delle “spese competenze ed onorari liquidati dal giudice”in favore della parte vittoriosa, le quali “non possono superare il valore della prestazione dedotta in giudizio” (art. 52, comma 6). La norma mostra un chiaro intento dissuasivo verso il contenzioso cd. bagattellare.

5) Nella direzione di contenere un contenzioso, talora non necessario, è stata estesa “alle domande volte a ottenere il riconoscimento del diritto a pensioni, assegni ed indennità comunque denominati spettanti agli invalidi civili nei procedimenti in materia di invalidità civile, cecità civile e sordomutismo”, la norma già in vigore in materia di assegno ordinario di invalidità e di pensione ordinaria di inabilità (art. 11 legge 12 giugno 1984,

n. 222), che preclude la presentazione di ulteriori domande per le medesime prestazioni fino a quando non sia esaurito il relativo procedimento amministrativo o non sia definito il procedimento giurisdizionale con sentenza passata in giudicata (art. 56, comma 2).

Numerose altre disposizioni della riforma del processo civile, oltre a innovare il rito ordinario e ad introdurre il procedimento sommario di cognizione, non sono dedicate a modificare direttamente il rito del lavoro, e con esso quello delle controversie previdenziali ed assistenziali (art. 442 cod. proc. civ.): nondimeno esse concorrono a disciplinare il rito del lavoro, attesa la specialità di quest’ultimo rito rispetto al carattere generale del rito ordinario, per tutti gli istituti processuali non diversamente regolati dal rito speciale.

Di esse si segnalano, sinteticamente – richiedendo una completa disamina una separata trattazione –, le norma dirette a:

a) contenere i tempi del processo per garantirne una ragionevole durata mediante:

– la riduzione a tre mesi del termine entro cui deve essere riassunta la causa, proseguito il processo sospeso o riassunto quello interrotto, oppure scaduto il quale l’inattività delle parti determina l’estinzione del processo,

ora rilevabile anche ex officio;

– il dimezzamento a sei mesi del termine per impugnare le sentenze non notificate al difensore (così evitando il passaggio i giudicato);

– la generalizzata rimessione in termini, per ragioni equitative, della parte che sia incorsa in decadenze per causa alla stessa non imputabile;

– l’istruzione della causa in conformità ad un calendario del processo;

b) semplificare gli atti processuali e dare impulso al compimento di essi mediante:

– la sanatoria dei vizi di rappresentanza e di assistenza della parte, o che inficiano la procura alle liti, entro un termine perentorio stabilito dal giudice;

– la trasmissione della procura alle liti mediante posta elettronica certificata;

– l’accelerazione dei tempi e delle modalità di esecuzione della consulenza tecnica d’ufficio;

– l’incremento delle sanzioni pecuniarie nei casi di inammissibilità o rigetto dell’istanza di ricusazione, di rifiuto del custode di eseguire l’incarico e del terzo di consentire l’ispezione;

– la concisa motivazione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, “anche con riferimento a precedenti conformi”;

– il regolamento delle spese di lite che penalizza comportamenti dilatori, stabilendosi la condanna al pagamento delle spese processuali a carico della parte, che pur risultando vittoriosa in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, l’abbia rifiutata senza giustificato motivo;

– il disincentivo della compensazione delle spese di lite, al di fuori della soccombenza reciproca, che dovrà essere motivata da gravi ed eccezionali ragioni;

– la condanna, anche d’ufficio, al pagamento a titolo di spese di lite in favore della parte vittoriosa di una somma equitativamente determinata;

– l’assunzione della prova testimoniale per iscritto rispondendo ai quesiti riporti in un modello predisposto;

c) istituire un nuovo rito sommario di cognizione, che riprende l’agile struttura del rito del lavoro ma che ad esso resta alternativo, destinato ad una larga applicazione, perché:

– riguarda tutte le controversie in cui il Tribunale giudica in composizione monocratica;

– la domanda si propone con ricorso, cui segue la fissazione dell’udienza di comparizione delle parti e la loro costituzione nel rispetto di termini posti a pena di decadenza;

– la decisione segue ad una deformalizzata istruzione alla stregua delle difese svolte dalle parti;

– si conclude con ordinanza idonea ad acquistare l’autorità della cosa giudicata;

d) rafforzare il controllo di legittimità delle sentenze degli organi giurisdizionali ordinari e speciali, e la funzione nomofilattica della Corte di cassazione rivolta ad uniformare la giurisprudenza, mediante:

– una preventiva selezione dei ricorsi, che impedisca l’abuso nell’utilizzo dell’impugnazione avutosi nel passato ed al quale aveva tentato di porre rimedio il requisito della formulazione – a pena di inammissibilità – del “quesito di diritto” o “della chiara indicazione del fatto controverso”, che perciò viene abrogato;

– l’introduzione di due ipotesi di inammissibilità del ricorso quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa, o quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo;

– la creazione di un’apposita sezione “filtro” cui è demandata la definizione in camera di consiglio di tutti i ricorsi che non devono essere assegnati alle sezioni semplici.

In coerenza con l’intento di ridurre, unitamente al tempo occorrente per la definizione dei giudizi, l’imponente arretrato di processi civili pendenti, la riforma – che entrerà in vigore il 4 luglio 2009 – si applicherà, oltre che ai giudizi instaurati dopo la citata data dell’entrata in vigore, anche a quelli già pendenti in primo grado limitatamente alle norme che concernono il contenuto e la motivazione della sentenza, e l’improponibilità di domande ed eccezioni nuove nell’atto di appello, nonché ai giudizi dinanzi la Corte di cassazione in cui il provvedimento impugnato è pubblicato o depositato dopo il suo vigore (art. 58).>>

L’Inail con nota 16 luglio 2010 n. 3968 Termini di conclusione dei procedimenti amministrativi. Attuazione dell’art. 7, legge 18 giugno 2009, n. 69 di modifica dell’art. 2, comma 3, legge 7 agosto 1990, n. 241 indica che: <Art. 7, comma 2 lettera c) della legge n. 69/2009). Infatti, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 69/2009 è stato stabilito che il procedimento, avviato obbligatoriamente su istanza di parte o d’ufficio, deve concludersi con un provvedimento espresso e motivato, entro il termine ordinario di 30 giorni che decorre dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda se il procedimento è ad iniziativa di parte, salvo i diversi termini previsti da normative speciali (Art. 7, comma 20, citata legge). La citata legge (Art. 7, comma 1, lettera b), ultimo periodo) prevede, altresì, che gli Enti pubblici nazionali stabiliscano, «…secondo i propri ordinamenti, i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza » precisando, altresì, che «nei casi in cui, tenendo conto della sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa, della natura degli interessi tutelati e della particolare complessità del procedimento…» siano indispensabili termini superiori, questi non possano comunque superare i 180 giorni (Art. 7, commi 3 e 4). L’Istituto, come il resto della Pubblica amministrazione, era tenuto a dare attuazione alle nuove disposizioni entro il 4 luglio 2010, data di entrata in vigore delle stesse, e vi ha provveduto con atto di Determinazione del Presidente n. 17 del 2 luglio u.s. (ndr. vedi tabella allegata) adeguando i termini entro i quali debbano concludersi i procedimenti amministrativi di propria competenza, contenuti in apposite tabelle allegate alla suddetta Determinazione, quale parte integrante, in cui vengono indicati: – i procedimenti amministrativi di competenza dell’Istituto; – la tempificazione di ciascun procedimento mediante la determinazione del termine entro il quale il procedimento medesimo deve concludersi; –  il Responsabile del procedimento; – le Strutture competenti (unità organizzativa responsabile del procedimento). Resta fermo il termine generale di trenta giorni che si applica, comunque, a tutti quei procedimenti per i quali entro la data del 4 luglio 2010 non sia stato fissato alcun termine. Altra significativa novità è l’introduzione di un’apposita disciplina concernente le «conseguenze per il ritardo dell’Amministrazione», con la quale è stato fissato l’obbligo del risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza, dolosa o colposa, del termine di conclusione del procedimento. Risulta palese, infatti, anche in considerazione delle puntuali indicazioni fornite a livello ministeriale (Linee di indirizzo per l’attuazione della legge n. 68/2009 approvate con decreto del 12 gennaio 2010 dal Ministro per la Pubblica amministrazione e l’innovazione di concerto con il Ministro per la semplificazione), il rilievo dato agli aspetti di responsabilità per i casi di inerzia dell’Amministrazione, con riferimento sia agli aspetti risarcitori che potrebbero derivare per il danno a terzi, sia agli aspetti della responsabilità dirigenziale, relativamente alla quale è stato previsto un modello sanzionatorio fondato su provvedimenti negativi incidenti sul piano retributivo e disciplinare. Premesso quanto sopra, si invitano le strutture in indirizzo ad attenersi alle previsioni contenute nella citata Deliberazione, pubblicata nella Banca Dati Normativa della intranet e divulgata all’esterno con la pubblicazione sul portale dell’Ente www.inail.it Area «Trasparenza Valutazione e Merito»: Si resta a disposizione per ogni chiarimento ritenuto utile al riguardo.>>

L’Inps con messaggio n. 22939 del 10 settembre 2010 Regolamento per la definizione dei termini di conclusione dei procedimenti a norma dell’ art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificato dall’art. 7 della legge 18 giugno 2009, n. 69. Determinazione Presidenziale n. 47 del 2 luglio 2010 ha indicato che: <Il nuovo Regolamento raccoglie altresì, in forma organica, la disciplina del computo dei termini stabilendo con esattezza il momento iniziale dal quale decorrono le modalità di computo dei termini, i casi in cui il computo è sospeso e le regole per individuare il giorno di scadenza; fissa, inoltre, quali sono i contenuti obbligatori delle comunicazioni di avvio dei procedimenti ad istanza di parte e d’ufficio e le conseguenze di eventuali ritardi nella conclusione dei procedimenti stessi. Si richiama quindi l’attenzione sulla necessità di tenere sotto stretto  controllo e monitoraggio l’intera gestione dell’iter istruttorio e procedimentale in relazione alle scadenze temporali fissate per i diversi provvedimenti. Diretto corollario, infatti, è la previsione di un obbligo del risarcimento per il danno ingiusto cagionato al cittadino in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento. Inoltre, la mancata emanazione del provvedimento nei termini previsti nella Tabella A del citato nuovo Regolamento costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale. Con riserva di fornire ulteriori istruzioni all’esito degli approfondimenti in corso circa l’impatto del decreto legislativo n. 104 del 2 luglio 2010 sull’attività procedimentale dell’Istituto con particolare riferimento alle disposizioni di cui all’art. 30, commi 3 e 4, del citato decreto.>>

Dal sito La Previdenza.it vedi la news e la Determinazione Presidenziale