L’approfondimento della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro del 26 gennaio 2015 si intrattiene sulla decisione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) il quale con la sentenza n. 103/2015 16 gennaio 2015 ha osservato che il vigente quadro normativo riserva ai professionisti iscritti ad albi attività caratterizzate da apprezzabile complessità (quali quelle di cui al contratto per cui è causa), mentre consente che ulteriori e diversi soggetti (fra cui le società commerciali) possano svolgere attività caratterizzate da minore complessità e, in ultima analisi, di carattere meramente compilativo e che l’articolo 1 – commi primo e quinto – della l. n. 12 del 1979, letto in combinato disposto con l’articolo 10, cit., va inteso nel senso di non consentire la partecipazione di una gara di appalto di servizi avente ad oggetto lo svolgimento di prestazioni per le quali opera la riserva di iscrizione all’albo professionale da parte di società commerciali diverse da quelle costituite ed operanti ai sensi del richiamato articolo 10, pur se le società assicurino che le attività professionali saranno effettivamente espletate – come assicurato dal R.T.I. … – da un professionista legato alle società da un rapporto di lavoro subordinato in quanto il modello delle società fra professionisti di cui all’articolo 10 della l. 183 del 2011 costituisca la sola forma ammessa di esercizio in forma societaria delle professioni intellettuali di cui al Libro V – Titolo IV – Capo II del Codice civile (in virtù di questo modello è stato superato il generalizzato divieto di prestazione professionale in forma societaria o simili, già sancito dall’articolo 2 della l. 23 novembre 1939, n. 1815 (Disciplina giuridica degli studi di assistenza e di consulenza)).